giovedì 26 ottobre 2017

Che tipi sono, i traduttori?

Se sei una traduttrice o un traduttore oppure ne conosci qualcuno per motivi personali o professionali, qualche volta ti sarà passata per la testa la domanda: "Ma che tipi sono, questi traduttori?".

Ogni tanto ce lo chiediamo anche noi e un po' di tempo fa abbiamo lanciato sul blog un test per scoprirlo, chiedendo ai colleghi: "Quali doti hai sviluppato grazie alla traduzione?". Pensiamo infatti che quando ci si dedica con passione a un'attività, qualunque sia, questa possa modellarci, permettendoci di potenziare capacità che poi diventano aspetti fondamentali di noi.

Ed ecco i risultati del test.

Photo credit: Jesus Arpon via VisualHunt / CC BY-NC-SA
I traduttori sono innanzitutto tipi accurati, attenti ai dettagli secondo il 37% del campione. E in effetti la precisione è una dote fondamentale in un'attività nella quale ogni minima sfumatura del testo ha la sua importanza e la scelta di un traducente a volte può richiedere un'ora di lavoro.
Per diventare traduttori bisogna quindi essere già pignoli in partenza e la pignoleria aumenta via via che si lavora: chi è convinto che "tanto una parola vale l'altra: l'importante è far presto" non è la persona adatta a occuparsi di traduzione. Anche se forse vive più serena di noi, che siamo attanagliati dal perfezionismo: vedi le Deformazioni professionali di traduttori e revisori, la Fobia di ripetizioni e assonanze e il Test: quanto sei pignola/o con le parole?.

Photo via Visual Hunt
Un'altra dote che si sviluppa facendo i traduttori è la capacità di problem solving creativo, come afferma un altro 34% di partecipanti al test.
E la cosa si può spiegare con il fatto che passiamo le nostre giornate a cercare la quadratura del cerchio fra il rispetto del testo di partenza e i vincoli posti dalla nostra lingua di arrivo, nel tentativo costante di trovare soluzioni a un problema di per sé irrisolvibile, quello della traduzione. Nel passaggio da una lingua all'altra, infatti, c'è sempre un quid intraducibile, il cosiddetto "residuo traduttivo", e noi ci arrovelliamo nel tentativo di fare in modo che sia più piccolo possibile, il tutto cercando di dare l'impressione che il testo sia nato non in una lingua straniera, ma direttamente in italiano... Mission Impossible in confronto è un gioco da ragazzi!
Dopo un po' di tempo, sviluppiamo una tale flessibilità e apertura alle soluzioni creative che qualunque altro problema non testuale in confronto ci risulta molto più semplice da affrontare.

Photo credit: Do8y via Visualhunt.com / CC BY-ND
Facendo i traduttori si diventa anche molto organizzati, come afferma il 24% del campione.
A livello di tempo, l'unico obbligo che abbiamo è consegnare la traduzione entro la data stabilita con l'editore o il cliente, quindi possiamo optare, ad esempio, per un part-time verticale (tradurre dal lunedì al giovedì e fare il fine settimana lungo dal venerdì alla domenica) oppure orizzontale (lavorare tutte le mattine mentre i figli sono a scuola) o anche tradurre la notte o con qualunque altra scansione temporale vogliamo.
L'importante è che il giorno della scadenza inviamo per email la traduzione alla casa editrice o al cliente, e per farlo dobbiamo calcolare bene, a ritroso da quella data, il numero di pagine da tradurre, poi da rivedere, poi da rileggere giorno per giorno e suddividerlo per il numero di giorni (o di notti) che occorrono per completare la traduzione, magari lasciando un po' di margine per gli imprevisti.
Insomma, un'organizzazione che, moltiplicata per i libri e/o gli articoli sui quali lavoriamo contemporaneamente, diventa piuttosto complessa e ci spinge a dar valore al tempo e a gestirlo meglio.
Naturalmente ci sono sempre dei margini di miglioramento: se vuoi saperne di più, leggi il post È tutta questione di organizzazione.

Passando invece a una dote che i traduttori in generale non sviluppano, colpisce il fatto che nessuno dei partecipanti segnali di avere migliorato la propria capacità di fare pubbliche relazioni. Segno che siamo già abilissimi nei rapporti professionali e ci muoviamo disinvoltamente tra fiere editoriali, presentazioni di proposte di traduzione e incontri con le case editrici, o al contrario che temiamo come la peste le occasioni di incontro professionale con editori e redattori?
A voi l'ardua sentenza...


Ringraziamo le colleghe e i colleghi che hanno partecipato al test.