Se avete nostalgia della macchina da scrivere, sappiate che c'è chi ha inventato il modo di usarla come se fosse una tastiera di computer: guardate un po' il video...
Se volete saperne di più, visitate il sito dell'audace inventore.
giovedì 28 aprile 2011
lunedì 25 aprile 2011
Il passato remoto è in via d'estinzione?
In un post di qualche settimana fa avevamo parlato delle "parole da salvare"; dopo i tanti commenti ricevuti su Facebook, abbiamo pensato di riprendere l'argomento, affrontando, stavolta, la scomparsa del passato remoto al nord.
In effetti, qui a Milano (e, a quanto ci dicono, in tutto il Nord Italia e in Emilia Romagna) il passato remoto non si usa quasi mai, mentre in Toscana c'è una buona alternanza tra passato prossimo e remoto, e al Sud prevale quest'ultimo.
Come si spiega questo fatto? Ma soprattutto, come si usa questo tempo verbale?
L'Accademia della crusca spiega le differenze geografiche di uso del passato remoto con le influenze dei diversi sostrati dialettali: nel dialetto milanese il passato remoto non si usa, e questa abitudine filtra nell'italiano; nel dialetto siciliano si usa quasi esclusivamente il passato remoto, perciò quando un siciliano parla italiano costruisce le frasi con questo tempo verbale.
Come si dovrebbe usare il passato remoto? A differenza di quanto può far pensare il suo nome, non è sufficiente che gli eventi a cui si applica siano lontani nel tempo; devono anche aver esaurito nel passato la loro azione e non avere più collegamenti pratici o psicologici con il presente.
Quindi:
Grazie a Franca Errani per l'idea di un post sul passato remoto e a Viviana Manna, Cristina Bonetti, Giulia Poulain e ancora Franca Errani per le parole da salvare che ci hanno segnalato su Facebook: sicché, codesto, medesimo, barroccio, agio, lavacro, sussiego, riottoso, sapido, forbito, oblativo.
L'immagine è realizzata con Wordle.
In effetti, qui a Milano (e, a quanto ci dicono, in tutto il Nord Italia e in Emilia Romagna) il passato remoto non si usa quasi mai, mentre in Toscana c'è una buona alternanza tra passato prossimo e remoto, e al Sud prevale quest'ultimo.
Come si spiega questo fatto? Ma soprattutto, come si usa questo tempo verbale?
L'Accademia della crusca spiega le differenze geografiche di uso del passato remoto con le influenze dei diversi sostrati dialettali: nel dialetto milanese il passato remoto non si usa, e questa abitudine filtra nell'italiano; nel dialetto siciliano si usa quasi esclusivamente il passato remoto, perciò quando un siciliano parla italiano costruisce le frasi con questo tempo verbale.
Come si dovrebbe usare il passato remoto? A differenza di quanto può far pensare il suo nome, non è sufficiente che gli eventi a cui si applica siano lontani nel tempo; devono anche aver esaurito nel passato la loro azione e non avere più collegamenti pratici o psicologici con il presente.
Quindi:
- "Un anno fa il medico mi proibì di mangiare i dolci" (ma solo per pochi mesi, oggi non sono più a dieta),
- "Un anno fa il medico mi ha proibito di mangiare i dolci" (il divieto è valido ancora oggi).
Grazie a Franca Errani per l'idea di un post sul passato remoto e a Viviana Manna, Cristina Bonetti, Giulia Poulain e ancora Franca Errani per le parole da salvare che ci hanno segnalato su Facebook: sicché, codesto, medesimo, barroccio, agio, lavacro, sussiego, riottoso, sapido, forbito, oblativo.
L'immagine è realizzata con Wordle.
giovedì 21 aprile 2011
Vita da Topi Traduttori – La guerra delle insegne
Oggi inauguriamo una serie di racconti brevi di Francesca dedicati a traduttori editoriali e autori. Buona lettura!
Vita da Topi Traduttori
La guerra delle insegne
Topo Traduttore non poteva fare a meno di notare le insegne dei negozi cittadini. Ce n’erano di coloratissime, lampeggianti, allettanti, ma soprattutto ce n’erano di sbagliate. I negozi più alla moda, infatti, si inventavano insegne in un topinglese abborracciato che potevano forse passare inosservate ai più, ma di sicuro non a Topo Traduttore. Quando ne vedeva una, il cuore gli si fermava per un momento, la lunga coda si irrigidiva come il dorso di un dizionario e gli occhietti si iniettavano di furia topicida: come si poteva chiamare un negozio di fiori The Flower’s? A parte la banalità del nome, il genitivo toposassone era forse un’opinione? Ma c'era di peggio: in molti casi si percepiva un notevole sforzo creativo da parte dei proprietari dei negozi, sforzo che raramente produceva risultati positivi. Che dire ad esempio di quelle insegne che accostavano due lingue topesche diverse, come Occhial House? O di quelle che usavano il topinglese con colpevole disinvoltura senza tener conto dell'uso locale, come l'impresa di pulizie Borderline? Ma la cosa che più disturbava Topo Traduttore erano gli errori di ortografia: perché immortalare la propria ignoranza a caratteri cubitali e lampeggianti, quando bastava un dizionario a sciogliere qualsiasi dubbio? Evidentemente non tutti la pensavano come lui, perché la pizzeria New Fiiling sfoderava fiera il proprio disinteresse per il topinglese, e la Butique Rosa sedeva tronfia proprio davanti alla tana di Topo Traduttore, insultandolo con la sua luce al neon.
L’insegna rimaneva accesa giorno e notte e Topo Traduttore non ce la faceva più. Una sera, con gli occhietti che gli lacrimavano per il troppo fissarla, fu colto da un raptus e uscì di soppiatto dalla tana. Quando vi fece ritorno alcune ore dopo, riuscì finalmente a prendere sonno e a dormire pacifico come non gli succedeva da parecchio tempo.
Al mattino, sbirciando il marciapiedi di fronte, poté godersi l’arrivo del proprietario del negozio e il suo sconcerto nello scoprire che l’insegna era irrimediabilmente spenta. Pareva che qualcuno avesse tranciato, o forse rosicchiato, i cavi elettrici.
Il colpevole non fu mai scoperto.
© 2011 Francesca Cosi. Tutti i diritti riservati
L'immagine è un'elaborazione grafica di Alessandra della foto di Colin Purrington; è rilasciata con licenza Creative Commons BY-NC-SA.
Se ti interessano le insegne dai nomi improbabili, leggi anche questo post.
lunedì 18 aprile 2011
5 situazioni in cui ci piace leggere (e perché)
- Prima di dormire è un classico: mai chiudere la giornata senza aver letto almeno qualche pagina.
- Dal parrucchiere (quelle tre volte all’anno che ci andiamo), così non siamo costrette a parlare di programmi televisivi che non guardiamo.
- In coda all’ufficio postale, per dare un senso al tempo passato ad aspettare.
- Sul treno o in aereo, le situazioni ideali per recuperare le pagine perdute.
- Mangiando da sole, così il cibo diventa ancora più gustoso.
In bagno non vale!
L'immagine è di dominio pubblico, mostra gli "Hamblin glasses. A pair of spectacles especially designed for reading in bed. England, 1936" e si trova qui.
giovedì 14 aprile 2011
Citare il nome del traduttore...
... non è un'abitudine dei giornali o del web, nemmeno quando riportano lunghi estratti del testo tradotto. In questo caso sarebbero tenuti a farlo in base all'art. 70, comma 3 della legge sul diritto d'autore.
Che cosa possiamo fare per vedere citato il nostro nome accanto a quello dei libri che abbiamo tradotto?
Per quanto riguarda i giornali, c'è chi scrive lettere in tono garbato, ottenendo in alcuni casi risposte positive. Un esempio da seguire.
Passando alle recensioni sul web, possiamo scrivere a chi ha citato il nostro libro, senza limitarci ai giornali online, ma rivolgendoci anche ai blog e ai siti: l'importante è far capire che dietro ogni libro tradotto c'è un traduttore.
Ma come tenere sotto controllo la massa di informazioni pubblicate ogni giorno? Non occorre farlo di persona, c'è Google Alert che lo fa per noi: questo strumento facile da usare cerca tra le notizie recenti tutte quelle in cui compare la stringa di testo che gli indichiamo e ci comunica i risultati per email a cadenza giornaliera o settimanale.
Fin qui le azioni che possiamo intraprendere come singoli; a livello di categoria, l'Associazione Italiana Traduttori e Interpreti e il Sindacato Nazionale Scrittori, Sezione Traduttori sono molto attivi nei contatti con i media. Ecco alcuni risultati recenti del loro impegno: il comunicato stampa di AITI in merito alla scarsa qualità dell'interpretazione di un discorso di Mubarak e un articolo su Repubblica Firenze dedicato a due traduttori di noir, in cui si cita l'SNS.
Che cosa possiamo fare per vedere citato il nostro nome accanto a quello dei libri che abbiamo tradotto?
Per quanto riguarda i giornali, c'è chi scrive lettere in tono garbato, ottenendo in alcuni casi risposte positive. Un esempio da seguire.
Passando alle recensioni sul web, possiamo scrivere a chi ha citato il nostro libro, senza limitarci ai giornali online, ma rivolgendoci anche ai blog e ai siti: l'importante è far capire che dietro ogni libro tradotto c'è un traduttore.
Ma come tenere sotto controllo la massa di informazioni pubblicate ogni giorno? Non occorre farlo di persona, c'è Google Alert che lo fa per noi: questo strumento facile da usare cerca tra le notizie recenti tutte quelle in cui compare la stringa di testo che gli indichiamo e ci comunica i risultati per email a cadenza giornaliera o settimanale.
Fin qui le azioni che possiamo intraprendere come singoli; a livello di categoria, l'Associazione Italiana Traduttori e Interpreti e il Sindacato Nazionale Scrittori, Sezione Traduttori sono molto attivi nei contatti con i media. Ecco alcuni risultati recenti del loro impegno: il comunicato stampa di AITI in merito alla scarsa qualità dell'interpretazione di un discorso di Mubarak e un articolo su Repubblica Firenze dedicato a due traduttori di noir, in cui si cita l'SNS.
lunedì 11 aprile 2011
Per chi ha il terrore della pagina bianca...
Una volta ci siamo confrontate con un'amica traduttrice che ci ha confidato di avere il terrore della pagina bianca: per questo non scrive mai testi propri, preferisce tradurre.
Il suo punto di vista ci ha incuriosito molto, perché per noi traduzione e scrittura sono profondamente legate: in entrambi casi ci sono vincoli a cui dobbiamo sottostare.
Nel caso della traduzione i paletti (o la "camicia di forza", come scrive l'autore e traduttore Tim Parks in questo interessante articolo) sono dati dal testo originale; nel caso della scrittura ovviamente si è molto più liberi a livello dell'organizzazione del testo e delle scelte lessicali e stilistiche, ma ci sono comunque dei vincoli da rispettare. Per noi che scriviamo principalmente testi divulgativi o saggi, ad esempio, i paletti sono dati dall'indice concordato con la casa editrice e spesso anche da un numero di cartelle prefissato. Inoltre, il pubblico della casa editrice ha certe caratteristiche, per cui anche il taglio del volume in qualche modo sarà predeterminato.
Quindi, chi ha il terrore della pagina bianca può stare tranquillo: non si scrive nel vuoto assoluto.
Può comunque essere utile avere a disposizione qualche strumento per la scrittura. Oggi ve ne segnaliamo tre:
Il suo punto di vista ci ha incuriosito molto, perché per noi traduzione e scrittura sono profondamente legate: in entrambi casi ci sono vincoli a cui dobbiamo sottostare.
Nel caso della traduzione i paletti (o la "camicia di forza", come scrive l'autore e traduttore Tim Parks in questo interessante articolo) sono dati dal testo originale; nel caso della scrittura ovviamente si è molto più liberi a livello dell'organizzazione del testo e delle scelte lessicali e stilistiche, ma ci sono comunque dei vincoli da rispettare. Per noi che scriviamo principalmente testi divulgativi o saggi, ad esempio, i paletti sono dati dall'indice concordato con la casa editrice e spesso anche da un numero di cartelle prefissato. Inoltre, il pubblico della casa editrice ha certe caratteristiche, per cui anche il taglio del volume in qualche modo sarà predeterminato.
Quindi, chi ha il terrore della pagina bianca può stare tranquillo: non si scrive nel vuoto assoluto.
Può comunque essere utile avere a disposizione qualche strumento per la scrittura. Oggi ve ne segnaliamo tre:
- Per testi di ogni genere, l'ottimo manualetto della Commissione Europea intitolato Scrivere chiaro.
- Per i testi divulgativi, le Federal Plain Language Guidelines, linee guida per le agenzie governative statunitensi per migliorare la comunicazione con i cittadini. Sono piuttosto lunghe (117 pagine!) e dettagliate.
- Per il web, l'e-book intitolato appunto Scrivere per il web, scaricabile qui cliccando in alto a destra.
giovedì 7 aprile 2011
Lettori sull'ultimo metrò
Abbiamo scoperto il blog Libri in Metro, una specie di piccola finestra sul mondo della lettura.
Il (o più probabilmente la) blogger prende tutti i giorni la Metro B di Roma e osserva i viaggiatori che leggono sul vagone affollato. Per ogni corsa in metrò descrive la persona che legge, la scena e il libro.
A volte i commenti sono poetici, altre volte sono buffi, in ogni caso permettono di entrare, per un attimo, in quel vagone di metropolitana e di scoprire che, nonostante la confusione e le gomitate, c'è chi è rimasto catturato dalle pagine di un libro.
Il (o più probabilmente la) blogger prende tutti i giorni la Metro B di Roma e osserva i viaggiatori che leggono sul vagone affollato. Per ogni corsa in metrò descrive la persona che legge, la scena e il libro.
A volte i commenti sono poetici, altre volte sono buffi, in ogni caso permettono di entrare, per un attimo, in quel vagone di metropolitana e di scoprire che, nonostante la confusione e le gomitate, c'è chi è rimasto catturato dalle pagine di un libro.
lunedì 4 aprile 2011
Pensando al Giappone
Oggi vi dedichiamo un haiku di Ozaki Hōsai (1885-1926), nella traduzione di Irene Starace, tratto dalla raccolta Il grande libro degli haiku. In genere gli haiku sono legati alla natura; noi ne abbiamo cercato uno che trattasse, come questo blog, di parole.
Da leggere in un momento di calma, con un pensiero per il Giappone e la sua natura ferita...
Da leggere in un momento di calma, con un pensiero per il Giappone e la sua natura ferita...
Per tutto il giorno
non dirò una parola.
L'ombra di una farfalla.
non dirò una parola.
L'ombra di una farfalla.
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