domenica 11 giugno 2017

Tradurre non è solo tradurre...

Quando si pensa alla traduzione letteraria, a volte si crede che i traduttori affrontino il loro testo una sola volta, dall'inizio alla fine, e poi consegnino leggiadri la loro traduzione all'editore o al cliente.
In realtà le fasi del lavoro sono molte di più e, quando consegniamo un libro, noi traduttrici editoriali lo abbiamo letto e riletto talmente tante volte che in certi casi siamo in grado di recitarne interi passaggi a memoria...

La traduzione, infatti, è solo la prima di quelle che, secondo noi, sono le cinque fasi fondamentali del lavoro illustrate nell'infografica sotto (le prime tre si svolgono davanti al computer e le ultime due su carta).

1. D'accordo, prima di tutto il libro bisogna tradurlo, cioè dobbiamo produrre un testo in italiano leggibile affrontando, oltre alla resa corretta dell'originale nella nostra lingua, anche tutti gli altri problemi presentati dalla versione originale:

E non è finita qui:
  • se nel testo originale si trovano citazioni di libri che sono stati tradotti in italiano, dobbiamo procurarceli e riportarle così come sono state pubblicate (il che implica frequenti viaggi in biblioteca, la richiesta di aiuto ai colleghi traduttori che dispongono di quei testi in italiano e la consultazione frenetica di Google Books, che consente di visualizzare un numero limitato di pagine di molti libri). 
  • Se poi, come spesso ci capita, il testo è stato scritto da un autore del passato, può essere necessario aggiungere note esplicative e/o una breve introduzione con profilo biografico; a questo punto quindi non saremo più soltanto le traduttrici, ma anche le curatrici del volume.
Come facciamo tutto questo, lavorando a quattro mani? Semplice, dividiamo ogni libro a metà e lavoriamo in parallelo alla sua traduzione. In questa fase non ci imponiamo di risolvere in maniera definitiva tutti i problemi elencati sopra, ma almeno di proporre una o più soluzioni possibili; nel caso queste soluzioni non ci convincano, le evidenziamo in giallo.

2. La fase successiva è l'autorevisione: si riprende in mano tutto il testo e ciascuna di noi confronta la parte tradotta dall'altra riga per riga con l'originale, per verificare che la traduzione sia corretta e per inserire le immancabili righe saltate (se a ogni poeta manca un verso, a ogni traduttrice manca una riga: quando si traduce se ne perde spesso qualcuna). Non solo: questa fase può anche essere una riscrittura, nella quale la lingua a volte un po' ingessata della prima versione trova maggiore fluidità.

Inoltre, il fatto di procedere un po' più rapidamente rispetto alla traduzione ci consente di vedere il testo da una maggiore distanza, come con lo zoom indietro: nella traduzione si sta "attaccate" all'originale e lo si segue parola per parola, nell'autorevisione ci si allontana di qualche passo e lo si studia con maggiore distacco, il che permette di cogliere eventuali errori di interpretazione e punti della traduzione da migliorare perché magari sono resi in modo un po' goffo. In questa fase è più facile intervenire sui temibili "giallini" (i termini o brani la cui resa non ci convince e che perciò avevamo evidenziato in giallo mentre traducevamo), ma è anche possibile inserirne di nuovi se in certi punti non si riesce a trovare una soluzione che ci soddisfi.

L'autorevisione è doppia, nel senso che ogni giorno riprendiamo in mano le pagine che abbiamo rivisto il giorno precedente e le rileggiamo velocemente per vedere se c'è ancora qualche intervento da fare, dopodiché affrontiamo le nuove pagine di revisione che ci siamo assegnate.

3. Una volta terminata la revisione, si arriva alla terza fase, quella in cui finalmente affrontiamo i benedetti "giallini" che ci assillano. Riprendiamo il testo da capo alla ricerca dei punti evidenziati in precedenza e ci confrontiamo tra di noi e con i colleghi traduttori alla ricerca di una soluzione che rispetti l'originale e funzioni anche nella nostra lingua.

In alcuni casi questa scelta non compete direttamente a noi, ma alla redazione, e allora segnaliamo la necessità di un intervento aggiungendo al testo un nostro commento tra parentesi quadre, in un colore diverso da quello della traduzione. Un esempio: in uno degli ultimi libri che abbiamo tradotto, un saggio contemporaneo dal francese, l'aggettivo napolitain, cioè "napoletano", veniva usato come sinonimo di "pigro, indolente". Dato il contesto, quella parola non era irrinunciabile e ci pareva che una traduzione letterale sarebbe risultata offensiva per i lettori italiani, perciò abbiamo segnalato il fatto alla redazione (proponendo come alternativa "bradipo").
4. Risolti i famigerati "giallini", stampiamo il testo su carta (riciclata, eh!) e lo rileggiamo entrambe molto lentamente. A questo punto lo zoom indietro è ancora maggiore rispetto alla fase dell'autorevisione e possono saltare agli occhi eventuali incongruenze da segnalare all'autore/autrice, come il classico caso del personaggio che a pagina 10 ha venticinque anni e a pagina 45, quando nel romanzo sono passati pochi mesi, ne ha improvvisamente ventotto. Nella fase della traduzione non ce n'eravamo accorte perché eravamo troppo vicine alla parola, ma la visione più generale che si ha nella rilettura ci permette di scoprirlo.

Questa fase, però, serve soprattutto a eliminare i refusi e a rifinire ulteriormente il testo, individuando le frasi che risultano ancora goffe e richiedono un ultimo intervento prima di inviare il file all'editore.

5. La quinta fase si svolge un po' di tempo dopo, quando la redazione ha finito di rivedere il testo da noi consegnato e il grafico ha impaginato il volume. È la correzione delle bozze, ossia una ripetizione della fase 4, stavolta non sul cartaceo di Word, ma su quello del Pdf. Come nella fase precedente, andiamo a caccia di refusi, goffaggini, incongruenze e di tutto ciò che ancora non funziona, dopodiché... si va in stampa! (Sperando che nel testo non siano rimasti errori.)

Ecco, queste sono secondo noi le fasi della traduzione editoriale: il lavoro è lungo e articolato, perciò se si vuole che il risultato sia professionale bisogna affidarsi a professioniste/i (vedi il video del post intitolato Perché per le traduzioni è meglio ingaggiare un professionista...)

E tu, quale metodo usi per tradurre i tuoi testi? In che cosa è simile/diverso dal nostro?


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La foto in alto, di WordShore, è disponibile qui e rilasciata con licenza CC BY-NC-ND 2.0, mentre quella a metà del post è di William Warby (disponibile qui e rilasciata con licenza CC BY 2.0).

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