lunedì 20 novembre 2017

Traduttori e revisori: scene da un matrimonio combinato

A volte il rapporto fra traduttori e revisori è idilliaco: ci si conosce da tempo, si stima il modo di lavorare dell'altro, ci fidiamo di lei/lui e siamo certi che i suoi contributi al testo finale lo renderanno migliore di quello che avevamo consegnato.

Purtroppo non sempre questo matrimonio combinato s'ha da fare: qualche volta vi sarà capitato, se siete traduttrici/traduttori editoriali, di pensare che gli interventi del revisore abbiano peggiorato, invece di migliorare, il vostro testo, ad esempio introducendo errori o rendendo confuse e contorte frasi che vi pareva scorressero benissimo nella vostra versione.

Se invece lavorate come revisori, può esservi successo che il testo inviatovi dai traduttori fosse al di sotto delle aspettative e richiedesse molti più interventi del previsto. Non una normale revisione, quindi, ma quasi una riscrittura, e anche in questo caso un rapporto spinoso con la controparte che magari riteneva di aver fatto un buon lavoro.

Come si spiegano queste divergenze di opinioni? Ecco alcune possibili risposte.

1. Un rischio che accomuna traduttori e revisori: la scarsa professionalità
Se il traduttore e il revisore si sono improvvisati, non c'è da stupirsi che la traduzione venga consegnata zeppa di errori o la revisione peggiori una versione ben fatta dell'originale: per evitare questi problemi è fondamentale che l'editore o il committente si rivolga a professionisti, altrimenti potrebbe vedersi consegnare traduzioni come quelle di questo video oppure di questo cartello visto su un treno regionale.

2. Il rischio dei traduttori: la "sindrome dello scarrafone"
"Quella virgola inserita là non mi piace per niente.... Guarda qui, il revisore mi ha spostato una parola e adesso la frase non mi suona più... doveva toccare proprio a me uno così!"
Forse invece il revisore è molto in gamba, ma è il traduttore a essersi affezionato al suo testo come se fosse un figlio, tanto da non avere più quel minimo di distacco necessario per valutare se l'intervento è effettivamente di sostegno al suo lavoro.
Potremmo chiamarla suscettibilità oppure, con Pino Daniele, "sindrome dello scarrafone" (Ogni scarrafone è bello a mamma soja).

3. Il rischio dei revisori: prostrarsi al dio lettore
Bisogna partire dalla premessa che in molti casi traduttori e revisori adorano due divinità diverse: il dio dei primi è il testo (come si legge nei Dieci comandamenti per traduttori), mentre quello dei secondi tende a essere il lettore.
Per questo motivo, a volte i revisori fanno di tutto per facilitare il più possibile la vita al lettore modello che hanno in testa, ad esempio sostituendo le parole desuete o "difficili" presenti nel testo originale e nella traduzione con altre di uso comune, appiattendo i riferimenti specifici di una data cultura al punto da trasformare "Halloween" in "carnevale" (ci è successo qualche anno fa) e in generale semplificando il testo e la sua resa italiana.
Il lettore però non sempre è privo di strumenti culturali, anzi, potrebbe averne anche più del traduttore e del revisore messi insieme. E comunque, se un autore ha voluto usare una lingua "difficile", anche la traduzione dovrebbe fare lo stesso.

Tenendo presenti i rischi delle parti in gioco, la questione che ci sta a cuore è: come possiamo comportarci quando una revisione ci sembra peggiorativa o siamo a noi a dover rivedere una traduzione che ci pare al di sotto degli standard accettabili?
Photo credit: brittreints via Visualhunt / CC BY

Ecco di seguito quello che si può fare quando la revisione della nostra traduzione ci sembra problematica.

a) Respirare profondamente.

b) Prendere distanza: quella che abbiamo di fronte è solo una pagina di libro come tante altre. Possiamo averla tradotta noi come chiunque altro. Noi non siamo quel testo, quello non è nostro figlio.

c) Dopo avere accantonato per quanto possibile l'ego e la sindrome dello scarrafone, concentrarci sul fatto che il nostro compito è produrre la migliore versione possibile dell'originale.

d) Chiederci quali sono gli interventi di revisione che davvero peggiorano il testo. Ne esistono di vari tipi:
  • interventi che introducono errori di interpretazione: "non è così che dice l'autore" 
  • interventi sbagliati dal punto di vista grammaticale o sintattico: "in italiano non si dice"
  • frasi che diventano confuse: "l'ho dovuta leggere due volte per capire che cosa intendeva"
  • frasi diventate poco scorrevoli oppure goffe: "chi mai direbbe una cosa del genere?"
  • cambiamenti di registro.
e) Cercare una soluzione di compromesso per questi casi: se il revisore è intervenuto in determinati punti della nostra traduzione, forse lì c'era qualcosa che non funzionava. Possiamo trovare una soluzione terza, alternativa sia alla nostra iniziale sia a quella del revisore, che esprima al meglio le intenzioni dell'autore.

f) Lasciar perdere gli interventi di revisione che non ricadono nelle categorie elencate al punto d).

g) Scrivere al revisore/alla redazione indicando le modifiche che vorremmo apportare al testo.

Se invece ci troviamo a rivedere una traduzione che ci sembra fatta male, in genere lavoriamo sul testo seguendo le fasi da 2 a 4 del nostro metodo di lavoro, soffermandoci in particolare sui problemi elencati sopra al punto d), dopodiché segnaliamo alla redazione la mole degli interventi fatti.

Naturalmente, però, ci auguriamo sempre che il matrimonio riesca nel migliore dei modi!


Se vuoi approfondire le differenze di approccio al testo fra traduttori e revisori, leggi l'interessante articolo di Giovanna Scocchera sul n. 9 della rivista tradurre: "Indagine su un mestiere malnoto. La revisione della traduzione editoriale in Italia".