giovedì 27 ottobre 2016

Che cosa si fa quando si traduce? Il grande gioco della traduzione letteraria

Che cosa fanno veramente i traduttori letterari quando traducono?
Non tutti lo sanno, perciò abbiamo pensato di proporti il grande gioco della traduzione per farti conoscere meglio il mondo dei traduttori, anche se magari il tuo lavoro è tutt'altro.

Ed ecco qua il gioco: ammettiamo che tu sia una traduttrice letteraria svedese (non importa se in svedese non sai dire nemmeno "ciao"!) e che debba tradurre nella tua lingua l'incipit de Il ladro di merendine, un libro di Camilleri con il commissario Montalbano di cui avevamo già parlato qui:

"S'arrisbigliò malamente: i linzòla, nel sudatizzo del sonno agitato per via del chilo e mezzo di sarde a beccafico che la sera avanti si era sbafàto, gli si erano strettamente arravugliate torno torno il corpo, gli parse di essere diventato una mummia."


Non lasciarti impressionare dal siciliano del testo e nemmeno dal fatto che non sai lo svedese, ma soffermati solo sulle sarde a beccafico e sulla lingua italiana, perché su queste si concentrerà il nostro gioco.
Come puoi far capire ai tuoi lettori svedesi che cos'è questo piatto?

Be', innanzitutto devi scoprirlo tu: il primo passo di ogni traduzione consiste infatti nel documentarsi per capire di che cosa si sta parlando. Nemmeno noi, che siamo italiane ma non siciliane, sapevamo come si prepara questa pietanza prima di andare in Sicilia, e forse nemmeno tu, traduttrice svedese, ne hai la più pallida idea.

Nel caso nostro abbiamo condotto una piacevole ricerca sul campo durante l'ultimo viaggio sull'isola, scoprendo che le sarde a beccafico sono grosse sardine al forno farcite di pangrattato, aglio, prezzemolo, pinoli e uvetta. Questo è sicuramente il modo più divertente e completo per imparare le usanze del mondo dal quale traduci, ma richiede tempo e viaggi.

Tu, invece, sarai seduta alla tua scrivania a Malmö e avrai fretta di consegnare la traduzione, quindi ti documenterai subito su internet (per le sarde a beccafico, ad esempio, esiste una pagina di Wikipedia in italiano e in tedesco, e la ricetta si trova in moltissime altre lingue) e magari in biblioteca.

Una volta scoperto di che cosa si tratta, però, ti rimane la parte più spinosa della questione: come raccontare le sarde a beccafico agli svedesi?

Potrai adottare diverse strategie, ognuna delle quali ha i suoi pro e contro. Scegli quella che ti sembra più adatta e troverai i nostri commenti alla fine del post.

Allora, come traduci "sarde a beccafico" in svedese?
  1. Semplice: non ti poni il problema. Salti tutta la frase incriminata e ti limiti a tradurre le righe sopra e quelle sotto.
  2. Ti poni il problema e decidi di non tradurre l'espressione: lasci sarde a beccafico in italiano.
  3. Spieghi ai tuoi lettori com'è la ricetta, dicendo che il commissario Montalbano aveva mangiato un chilo e mezzo di “grosse sardine farcite di pangrattato, aglio, prezzemolo, pinoli e uvetta”.
  4. Fai mangiare al tuo commissario un piatto di pesce tipicamente svedese, che i tuoi lettori riconosceranno sicuramente: "un chilo e mezzo di aringhe marinate".
  5. Fai mangiare al commissario un piatto tipicamente siciliano già noto al pubblico svedese: "un chilo e mezzo di cannoli".
  6. Dal momento che in Svezia le sardine le conoscete bene, e che le sarde a beccafico in fondo sono grosse sardine zeppe di ogni bendidio, generalizzi un po' traducendo "sardine ripiene". 
Hai fatto la tua scelta? Bene, vediamo i pro e i contro di ogni strategia!
  1. Eliminazione. Il pro è che ti risparmi una bella fatica, ma il contro è che stai facendo un'operazione scorrettissima: se sei una traduttrice, devi tradurre, non tagliare! Per citare un caso estremo, in Italia questa strategia si utilizzava durante il periodo fascista, eliminando dai libri stranieri che venivano tradotti nella nostra lingua i comportamenti disapprovati dal regime (aborto, incesto, pacifismo, emancipazione femminile, comunismo).
  2. Esotizzazione. Il vantaggio, anche in questo caso, è che ti risparmi la fatica di tradurre, ma il problema è che il lettore non capirà che cosa avesse mangiato di preciso Montalbano. In questo caso, a volte si fornisce la spiegazione in una nota del traduttore a piè di pagina oppure (se le espressioni "esotiche" sono tante) in un glossarietto in fondo al libro.
  3. Spiegazione. Pro: è molto precisa. Contro: è molto lunga, perché invece di tre parole hai inserito una frase intera, perciò rischi di spezzare il ritmo della narrazione.
  4. Omologazione. I lettori svedesi capiranno che Montalbano ha mangiato un piatto di pesce, ma dov'è andata a finire l'ambientazione siciliana? 
  5. Sostituzione. Qui sei riuscita a conservare la sicilianità del racconto, ma hai fatto mangiare a Montalbano un dolce invece di un pesce.
  6. Generalizzazione. Pro: rendi abbastanza bene l'idea. Contro: perdi il dettaglio tipicamente italiano e siciliano del beccafico, per cui Montalbano potrebbe trovarsi in molti paesi del mondo.
In ogni strategia a un "pro" corrisponde un "contro" più o meno importante. Se stavi cercando la risposta giusta, la soluzione valida per tutti i casi di questo genere, dobbiamo quindi confessarti che non è facile da trovare: tolta la numero 1, che per i traduttori è eticamente scorretta, tutte le altre possono essere usate e di fatto vengono usate valutando di volta in volta il contesto. (Se vuoi sapere come i veri traduttori di Camilleri hanno affrontato la traduzione di espressioni simili, leggi anche Come tradurre il dialetto? Il caso Montalbano).

Per avvicinarci a una soluzione che ci fornisca più "pro" e meno "contro", possiamo anche mixare le strategie riportate sopra, traducendo ad esempio in svedese la parola "sardine" (come nei casi 3 e 6) e lasciando in italiano a beccafico (come nel 2), oppure cercare altre soluzioni creative di questo genere.

A ogni modo, il nostro lavoro consiste nella continua ricerca di una perfezione impossibile, perché riuscire a veicolare un aspetto del testo significa spesso dover rinunciare a un altro: sta a noi decidere cosa dobbiamo conservare nella traduzione e cosa possiamo perdere, e questa decisione è spesso difficile.

Inviaci le tue soluzioni creative e... bon appétit!


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La foto delle sarde a beccafico, di franzconde, è rilasciata con licenza CC BY 2.0 e disponibile qui.

giovedì 13 ottobre 2016

Se la tua scrittrice preferita ti lascia in crisi di astinenza...

Hai appena finito di leggere con immensa soddisfazione l'ultima riga dell'ultima pagina dell'ultimo libro della tua autrice preferita. Posi il volume sul divano e indugi felice nel mondo dorato di quel romanzo meraviglioso, riflettendo sull'ineguagliabile maestria con cui è stato scritto.

Dopo un istante ti assale un pensiero terribile, che si fa strada dentro di te mandando in pezzi le visioni incantate che hai davanti agli occhi: quello è l'ultimo, ma proprio l'ultimo libro della tua autrice più amata: adesso ti tocca aspettare il prossimo, che chissà quando uscirà.

Il senso di vuoto è tremendo, di colpo ti senti mancare la terra sotto i piedi, ti accasci sul divano come se ti si fosse squagliata la spina dorsale e un urlo ti sfugge dalla bocca spalancata in stile Munch: "Nooooo! E adesso che cosa leggo?!". La convinzione di non trovare più un libro così bello si è ormai radicata nelle tue viscere e ti causa un abbattimento che nulla potrà dissipare.


Se, come noi, soffri di crisi di astinenza non appena finisci di leggere qualcosa di bello, puoi provare un sito che forse ti aiuterà a risolvere questo terribile problema che affligge la comunità dei lettori: LiteratureMap.

Basta inserire il nome dell'autrice o dell'autore che preferisci e il sito gli costruirà intorno una mappa con i nomi di altri scrittori che, stando alle scelte più diffuse, vengono letti dalle stesse persone.
Ad esempio, se alla maggior parte di coloro che hanno contribuito al sito piacciono moltissimo sia Jane Austen sia Agatha Christie, le due autrici verranno presentate sulla stessa mappa, e i loro nomi saranno anche molto vicini tra loro.

In questo modo puoi inserire la scrittrice che ti ha mandato in crisi di astinenza e vedere quali nomi compaiono più vicini al suo: secondo gli autori del sito, ci sono buone probabilità che ti piacciano moltissimo, e allora cosa aspetti? Corri in libreria o in biblioteca e verifica se questo metodo funziona, poi facci sapere nei commenti.

Buone letture!

P.S.: Forse ti interesserà sapere che il sito fornisce, con gli stessi criteri, anche la MusicMap e la MovieMap, per cercare cantanti e film che ami.

Se l'argomento ti interessa, leggi anche i post "Se ti piace un certo libro..." e "Vuoi sapere se un libro ti piacerà? Vai a pagina 99"

L'immagine è un'elaborazione grafica di Francesca a partire da un'illustrazione di pubblico dominio tratta da American Homes and Gardens del 1905.

martedì 4 ottobre 2016

Al computer... senza dolori!

L'hai notato? In vacanza stavi da dio e non avevi nemmeno un dolore, ma appena riprendi a lavorare alla scrivania il tuo corpo si mette a protestare: schiena, collo e spalle non ne vogliono sapere di ritrovarsi bloccati nella stessa posizione per tante ore di fila, e i polsi non ci pensano proprio a compiere movimenti ripetitivi con il mouse per tutta la giornata... ma come, li avevi lasciati liberi di fare quello che volevano, e ora li vuoi irrigidire di nuovo davanti al computer?

Per lavorare senza soffrire, abbiamo sperimentato un paio di nuovi oggetti ergonomici che stanno cambiando la nostra vita lavorativa e forse possono essere utili anche a te.

Il primo, se hai bruciori o dolori all'avambraccio e al polso, è il mouse verticale: funziona allo stesso modo di quello classico (quindi ci si abitua in pochissimo tempo), ma consente di tenere il braccio appoggiato in una posizione più naturale, cioè di taglio, evitando così di schiacciare il polso contro la scrivania e di sollevare faticosamente le dita per girare la rotellina o cliccare sui tasti.
È proprio questo insieme di fattori che, a lungo andare, stanca le articolazioni di polso e avambraccio, provocando o facendo peggiorare sindrome del tunnel carpale ed epicondilite (o tendinite del gomito).

Questo è il mouse wireless di Alessandra, della Anker, che si trova su Amazon a prezzi molto contenuti, e che ha contribuito a farle passare un'epicondilite fastidiosa:
Se i pregi di questo oggetto sono notevoli, c'è da dire che presenta anche qualche difettuccio: a differenza del mouse classico, risulta un po' meno preciso nel puntamento, perché quando la mano è appoggiata di taglio ha movimenti meno fini. Inoltre, il passaggio dalla tastiera al mouse a volte è un po' più lento, perché la verticalità del mouse costituisce un (piccolo) ostacolo contro il quale la mano qualche volta può scontrarsi.

Se le braccia non ti danno problemi, ma hai dolori a schiena e spalle, puoi provare a cambiare seduta: le tipiche sedie da ufficio avvolgenti, nelle quali si tende ad afflosciarsi contro lo schienale, costringono la spina dorsale in posizioni che sul momento possono anche apparire comode, ma a lungo andare risultano nocive.
Bisogna trovare un tipo di seduta che permetta di tenere:
  • le braccia appoggiate alla scrivania (il gomito dovrebbe formare un angolo di circa 90°), la testa leggermente china e abbastanza lontana dal monitor
  • la schiena in posizione eretta e le spalle dritte e aperte.
Per questo Francesca si è procurata una sedia ergonomica dell'Ikea simile a questa (che è di marca Cinius; il 5 giugno 2017 un'amica ci ha detto di aver contattato l'Ikea per acquistare la sedia ma di aver saputo che adesso è fuori produzione), sulla quale si sta in ginocchio:
Contrariamente a quello che potrebbe sembrare, la sedia è comodissima, e dopo i primi momenti di adattamento non si sente affatto la nostalgia dello schienale. Il sedile in discesa impone alle gambe di formare con il busto un angolo inferiore ai 90° della sedia tradizionale e invita ad appoggiare le ginocchia sulla parte imbottita in basso; in questo modo le spalle si aprono, la schiena sta ben dritta e i dolori alla schiena spariscono. Questo tipo di sedia ovviamente è sconsigliato a chi ha problemi alle ginocchia o una cattiva circolazione agli arti inferiori.

Esistono anche versioni basculanti della sedia, che impongono un costante movimento al bacino per trovare l'equilibrio; chi le ha (la spesa è impegnativa) ci ha riferito che sono ottime per la schiena.

Se vuoi saperne di più sulle sedie ergonomiche, leggi questo articolo dettagliatissimo, scritto da una persona che ha speso gli ultimi cinque anni a provarle tutte e poi le ha recensite.

E l'ultima frontiera sembra essere quella di cui ci hanno parlato alcuni colleghi traduttori del nord Europa: abbandonare la sedia e lavorare in piedi, utilizzando una scrivania alta che permetta di tenere le braccia piegate a 90°. Magari un giorno ci proveremo anche noi!

E tu che cosa fai per lavorare senza dolori?