lunedì 23 marzo 2015

La domanda che conta davvero...

Leggendo La sovrana lettrice, una perla di humour britannico firmata da Alan Bennett e tradotta da Monica Pavani per Adelphi, troviamo la regina d'Inghilterra alla scoperta di un mondo per lei ancora inesplorato, quello dei libri.


La regina si dedica al suo nuovo hobby prima per senso del dovere, poi con vera passione, e la cosa non è priva di effetti nei suoi incontri pubblici. Invece di scambiare i soliti convenevoli con capi di Stato e persone che vanno a renderle omaggio, comincia infatti a chiedere: "Che libro sta leggendo in questi giorni?".

Potremmo cominciare a fare la stessa domanda anche noi, quando incontriamo qualcuno: in molti casi la risposta potrebbe essere più interessante e rivelatrice rispetto al classico "Come stai" e qualche volta potrebbe anche andare a finire come in questo video:

lunedì 16 marzo 2015

La fobia di ripetizioni e assonanze: un male da traduttori

Se traduci, rivedi o scrivi testi, ti sarai sicuramente posto il problema di evitare non solo le ripetizioni indesiderate all'interno della stessa frase, ma anche le assonanze (ad esempio quelle tra gli avverbi in -mente), che risultano così fastidiose alle orecchie di un italiano, ma vengono usate con grande disinvoltura in inglese.

Mentre riflettevamo su questa e altre nostre deformazioni professionali che a volte sconfinano nella mania, ci siamo imbattute nell'ironico brano di Luciano Bianciardi che riportiamo sotto (dal capitolo VI de L'integrazione, Bompiani 1960), sentendoci comprese fino in fondo.

Ecco come lo scrittore riporta un dialogo tra redattori di casa editrice che rivedono una traduzione:

“Senti un po’ che roba,” faceva per esempio Ardizzone entrando nella nostra stanza con un foglio in mano: “È stato proclamato… e poi più sotto… ha visto giusto… e ancora, sempre nella stessa pagina… veramente indipendente.”
“Cosa c’è che non va?”
“Come cosa c’è che non va? Ma sei sordo? La rima, no? Ato ato, isto usto, ente ente. Ma è possibile che si debban leggere cose di questo genere?”
I traduttori, tutti quanti, parevano specializzati in rime. Forse lo facevano apposta, per farci arrabbiare: l’azione della delegazione, l’invito del partito, il bagno nello stagno, Vera era sincera, l’amore del dottore, il gatto di quel matto, il priore di Camaiore, il dente del presidente, orari ed onorari, gelosa e smorfiosa. E poi c’erano le quasi rime, forse peggiori delle rime vere e proprie: in vista della visita, c’è stato un convito, l’acqua e la risacca, l’impegno del compagno. Oppure i frequenti raddoppiamenti: tutta la folla in sommossa, metti quel tappo sul letto, reggi la molla sul sasso, fuggì la rissa Claretta, e così via. Non dico poi dei brutti scontri consonantici, sul tipo di tre tremende tribù, dodici dotti dottrinari, aveva avuto l’avvocato, tutto quel tritrì, dodò, vuvuvù.

Che ne pensi?

Se vuoi verificare il tuo livello di mania nei confronti dei testi scritti, fai il test "Quanto sei pignola/o con le parole?".
La foto "One by One" di Daniel Kulinski si trova qui ed è rilasciata con licenza Creative Commons BY-NC-SA 2.0.